Al 144esimo giorno di chiusura del parco Cassarà, siamo tornati volutamente sul pezzo rimbalzando tra un ufficio e l’altro per tenere alta l’attenzione sulla vicenda e soprattutto monitorare la questione che rimane ancora abbastanza complicata. Ci sono delle novità, se non altro una percezione più chiara dei fatti e dei possibili sviluppi che la vicenda tenderà ad assumere nei prossimi mesi.
Andiamo con ordine: il parco è sequestrato già da diversi mesi per mano del procuratore aggiunto Dino Petralia e del sostituto procuratore Dott. Clemente che con apposito provvedimento avviano contestualmente delle analisi sull’area. Per fare questo ricorrono ad Arpa ed a periti individuati dalla stessa procura (incarico per circa 140.000€ a professionisti di Napoli). Nel luglio del 2014 si apprendono i primi risultati, seppur dichiarati parziali, nei quali vengono elencate le tipologie di residui e scorie, già note a chi ha seguito la vicenda. In base alla loro dislocazione, il Parco viene suddiviso in aree (verde, gialla e rossa) per distinguerne la potenziale pericolosità.
Apprendiamo che l’area VERDE e GIALLA, in realtà, hanno medesima classificazione e pertanto vengono differenziate soltanto per delimitare una zona cuscinetto con l’area ROSSA, dove risiederebbero le scorie potenzialmente più pericolose. Entrambe le zone costituiscono circa il 60% dell’intero parco. In questa che viene classificata AREA VERDE i ritrovamenti sono stati abbastanza minimi e limitati a qualche frammento di cemento e amianto che sarebbe affiorato in superficie a causa degli agenti atmosferici.
Ma, così come abbiamo appurato, le analisi sono ancora in corso (attualmente si stanno effettuando dei carotaggi) e pertanto i risultati dello scorso Luglio andranno integrati. Qui sorge il primo dubbio sulla vicenda: proprio ARPA a fronte delle sue attività ricognitive sul parco attestava dati alla mano che le quantità di amianto rinvenute nelle analisi non sforavano i limiti previsti dalla legge. A fronte di ciò era dunque lecito domandarsi il perchè la porzione di parco in questione non venisse dunque riaperta dal procuratore il quale, invece, ordinò la prosecuzione delle indagini sul terreno con carotaggi profondi sino a 3 metri (quelli a cui stiamo assistendo in questi giorni).
Probabilmente si paventava il rischio che la limitrofa area ROSSA potesse contenere polveri facilmente trasportabili dal vento sino alle altre porzioni del parco?
Se così fosse, allora non si spiega come mai tutt’ora gli operai del Coime siano autorizzati dallo stesso procuratore ad accedere presso Villa Forni per le attività senza opportune protezioni, visto che le indagini sono ancora in corso. E al contempo, sarebbe altresì auspicabile che anche le zone urbane limitrofe al parco vengano delimitate. Ma quest’ultima ipotesi, estesa a tutte le ipotizzabili presenze di amianto in città, consisterebbe in una evacuazione preventiva di Palermo. Insomma alcuni fatti ci risultano poco chiari.
Cosa succederà adesso?
Alcuni uffici comunali del settore Ambiente stanno definendo una sinergia con le facoltà di Agraria e Ingegneria al fine di nominare una squadra di professionisti che insieme ai periti individuati dalla procura dovranno predisporre un progetto di intervento sull’area verde/gialla. Per essere più precisi, un piano di caratterizzazione finalizzato alla bonifica dell’area.
Per fare questo ci vorranno “mesi“…. scritto tra virgolette perchè è la trasposizione fedele della risposta ricevuta. Una volta redatto tale progetto (che evidentemente muoverà anche a partire dagli esiti delle analisi in corso), dovranno partire gli incarichi a eventuali maestranze comunali (ex Gesip, operai Coime, etc.) o ditte esterne per attuare gli interventi operativi previsti.
Quali potrebbero essere gli interventi di bonifica per frammenti di amianto? Squadre incaricate di setacciare ogni centimetro del parco e rimuovere eventuali ritrovamenti di amianto, oppure ricoprimento delle aree interessate con 20-30 cm di terra, al fine di affossare eventuali residui pericolosi e renderli dunque innocui… non si escludono altre soluzioni che andranno vagliate.
Pertanto alla luce di quanto descritto e presa coscienza dei tempi fisiologici per ognuna delle fasi enunciate, il sottoscritto ritiene che ALMENO non prima della prossima primavera vi sarà la possibilità di calpestare nuovamente i prati del Parco Cassarà, salvo colpi di scena che difficilmente prevedo.
Qualcuno ha fornito una carta con le zone? Qualè quella ROSSA? Ma il CUS sta a guardare o cosa?
Comunque, meno male che non si dorme. Finita la burocrazia giudiziaria il comune deve fare categoricamente la sua parte. Speriamo il prima possibile.
@CinoMedium: Che c’entra il CUS?
Il CUS, adiacente al Parco, deve tutelare i propri iscritti o chi frequenta la struttura non va incontro a nessun rischio?
Ci pensavo proprio ieri al povero parco e pensavo anche alla piscina del CUS…vedo che le trivelle sono in zona! Che grande peccato! Come si fa a bonificare, se serve, una zona così grande?
@CinoMedium
L’area rossa va dalle spalle del’anfiteatro sino all’ingresso di via Basile, lambendo anche il confine con il CUS (Centro Sportivo Universitario).
@Giulio Di Chiara
Grazie; infatti volevo capire se il CUS ha degli obblighi da espletare per tutelare la salute degli iscritti
@CinoMedium: Nessun obbligo, il CUS è al sicuro, così almeno ritiene il giudice… Come se il CUS fosse esente da possibili polveri…
Sarò pessimista e disfattista ma prevedo che questo parco non sarà usufruibile per un lungo tempo, che i responsabili di questo scempio non saranno individuati e puniti, che tutto cadrà nel dimenticatoio, vedi svincolo Perpignano e raddoppio ponte Corleone. Purtroppo siamo così abituati a fatti del genere che non ci facciamo più caso e la maggior parte dei cittadini resta inerme a tali disastri… ogni qual volta che in questa città si vede un barlume di speranza si finisce per essere inesorabilmente delusi. Dovrebbero cambiare i cartelli all’ingresso della città con la frase “Palermo: lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”…
@mastpalermo: aggiungerei, prima cosa che mi viene in mente, pure il Palasport di Fondo Patti, mal costruito, mal mantenuto, abbandonato agli agenti atmosferici e ai ladri e oggi ridotto praticamente ad un rudere.
Pagherà mai nessuno? Direttore dei lavori? Imprese costruttrici? Politici che dovevano controllare e non hanno controllato?
Una vergogna tipicamente italiana.
Nei paesi civili si andrebbe con torce e forconi sotto casa dell’ex sindaco e dei responsabili dirigenziali della vecchia amministrazione.
“Ricoprimento delle aree interessate con 20-30 cm di terra”?!
NO!
Che bonifica sarebbe?! È come pulire casa e mettere la polvere sotto i tappeti.
qualcuno ha notizie relative alla parziale riapertura del parco?